L’impostazione scellerata che Regione Lombardia, nell’ultimo trentennio di governo della destra, ha imposto al sistema sanitario regionale, ha fatto sì che la nostra regione, descritta come un modello ed un’eccellenza in tema sanitario tanto da essere presa ad esempio in tutta Europa, fosse il luogo non solo più colpito dall’infezione da covid ma fosse anche e purtroppo il territorio ove più gravemente e drammaticamente si risentisse degli effetti negativi soprattutto in termini di numero di morti subiti.
La causa di tutto ciò va ricercata non solo nelle scelte o mancate decisioni assunte dalla giunta regionale in occasione dell’infezione (mancata chiusura di zone ad alto tasso di contagiosità, mancata dotazione al personale ospedaliero, al personale delle case riposo, ai medici di famiglia ecc. di presidi a loro protezione, mancata chiusura dei P.S. a rischio ed altro) ma va ricondotta soprattutto alla scelta politica di favorire la sanità privata a discapito della sanità pubblica.
Chiusura di troppi ospedali pubblici, soppressione di numerosi posti letto, personale medico, infermieristico e del comparto non sostituito, grave carenza di investimenti in apparecchiature, posti letto in terapie intensive fortemente insufficienti, medicina del territorio trascurata il tutto a fronte di un grosso sviluppo ed una espansione eccessiva delle strutture sanitarie private, sono state le scelte strategiche e politiche effettuate dalle varie giunte regionali di destra.
Questo modello in occasione di una situazione di emergenza acuta sanitaria ha mostrato tutti i suoi limiti, tutte le sue contraddizioni e tutte le sue inadeguatezze.
Quando i posti letto rimasti così disponibili sono stati, anche per il fallimento dell’intervento della medicina territoriale, in breve tempo saturati, il presidente leghista e l’assessore alla sanità della Regione Lombardia hanno deliberato il ricovero di alcuni pazienti covid dimessi dagli ospedali in R.S.A. (residenze sanitarie assistenziali per anziani) ed il mantenimento di altri al loro domicilio, determinando, così, le condizioni più favorevoli per il diffondersi del contagio con tutte le conseguenze disastrose poi accadute.
In questo modo si sono contagiati gli ospiti delle RSA ed i famigliari dei pazienti domiciliati; persone che a loro volta sono divenute involontari e inconsapevoli veicoli di ulteriore infezione. Le realtà istituzionali locali non hanno voluto o saputo colpevolmente intervenire per quanto di competenza ed il tutto ha posto la Lombardia al vertice delle regioni italiane per indice di contagio e per numero di morti sopportate.
Cosa l’amministrazione comunale può fare in presenza di una situazione di rischio acuto sanitario:
- monitorare epidemiologicamente il fenomeno.
- informare la popolazione e le forze politiche
- essere da stimolo e controllo presso le autorità sanitarie locali (ATS – ASST)
- rappresentare in modo determinato ed incisivo i pericoli e le esigenze locali presso la Regione
- offrire sostegno e supporto alle famiglie (economico, sociale)
- attivare convenzioni con alberghi e/o motel per il ricovero di persone da sottoporre a quarantena
- organizzare campagne di sanificazione di locali e spazi pubblici
- approvvigionarsi anche preventivamente di presidi sanitari adeguati per qualità e quantità.
Il PD vuole realizzare:
- meno centralismo regionale, più ruolo alle comunità ed ai sindaci
- potenziamento della medicina territoriale
- presenza qualificata e rappresentativa all’interno dell’Ufficio di Direzione di A.T.S. ed A.S.S.T. di un rappresentante politico del territorio (Sindaci Pavia, Vigevano, Voghera)
- più sanità pubblica e meno sanità privata. La salute dei cittadini deve essere di pertinenza del pubblico.